(Adnkronos) – ”Rinnovo a tutti il mio appello affinché non si ripetano simili tragedie. I trafficanti di esseri umani siano fermati. Non continuino a disporre della vita di tanti innocenti. I viaggi della speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte, le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti. Che il signore ci dia la forza di capire e di piangere”. Lo ha detto papa Francesco dopo la recita dell’Angelus riferendosi alla tragedia del naufragio di Cutro.
”Esprimo ora il mio dolore per la tragedia avvenuta nelle acque di Cutro, presso Crotone, prego per numerose vittime del naufragio, per i loro familiari e per quanti sono sopravvissuti – ha aggiunto – Manifesto il mio apprezzamento e la mia gratitudine alla popolazione locali e alle istituzioni per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle”.
“Le parole del Santo Padre rappresentano un grande richiamo per tutte le Istituzioni. Come Governo le facciamo nostre, continuando a impiegare tutte le forze necessarie per combattere i trafficanti di esseri umani e fermare le morti in mare”, ha scritto su Facebook il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.
Anm
”Tutti, a cominciare dagli organi statali, hanno il dovere di adempiere agli obblighi di salvataggio in mare. L’obbligo è inderogabile e tutti ne debbono beneficiare, a prescindere dalla concreta possibilità dei singoli di restare in seguito sul territorio italiano legittimamente”. E’ quanto sottolinea l’Anm in un documento approvato dal Comitato direttivo centrale sul naufragio di Cutro.
”Nessuna norma, infatti, potrebbe mai imporre ad alcuno il dovere di non fuggire da Paesi dove la guerra o la miseria impediscono l’accesso a condizioni di vita dignitose”, continua. L’Anm auspica, pertanto, che ”in qualsiasi circostanza venga sempre rispettato l’inderogabile obbligo di salvataggio, che è scolpito nella nostra Costituzione ancor prima che nelle convenzioni internazionali”.
Oggi da Interpol accertamento irripetibile su cellulare scafista
Intanto oggi sarà eseguito dall’Interpol di Catania un accertamento irripetibile sul telefono cellulare dello scafista minorenne pachistano arrestato lunedì scorso con l’accusa di avere organizzato il viaggio insieme con altri tre scafisti. In carcere ci sono anche un turco e un altro pachistano. Il telefono del giovane, che respinge ogni accusa, è l’unico cellulare trovato agli scafisti dopo il naufragio costato la vita ad almeno 70 persone. Ecco perché è ritenuto particolarmente importante l’esame che sarà eseguito domani mattina a Catania. Da lì gli investigatori potranno estrapolare dati molto importanti. I contatti con i trafficanti di esseri umani ad esempio. Con chi ha chattato il giovane prima di partire da Smirne? Con chi aveva i contatti in Turchia? Chi sono i suoi complici?
Nell’ordinanza di custodia cautelare la gip del tribunale dei minori di Catanzaro, ha scritto che il giovane sarebbe “aduso alla gestione dei percorsi migratori”. Il che sarebbe desumibile “dal ruolo assunto sin da prima dell’arrivo sulla costa turca”. Nello specifico viene posta l’attenzione sulle “allarmanti modalità di commissione del delitto”. La gip parla anche della “inquietante disinvoltura” con la quale il 17enne avrebbe affrontato il viaggio nel corso della traversata, “la dimestichezza manifestata nella gestione del viaggio quale dato segnaletico della consuetudine con il mondo del crimine connesso ai percorsi migratori”. Tutto questo farebbe parte di una serie di “elementi sintomatici” che hanno connotato “una personalità altamente pericolosa e priva di remore”.
Intanto ieri è stata identificata l’ultima vittima del naufragio. ‘KR70’ ora ha un nome e un cognome: i tratta di un bambino di 5 anni e mezzo, proveniente dall’Afghanistan. Nel naufragio, come apprende l’Adnkronos, sono morti il papà, la mamma e due fratellini. Uno di un anno mezzo, nel freddo linguaggio burocratico ‘KR46’, mentre il terzo fratellino è ancora disperso. A riconoscere il bimbo di 5 anni e mezzo sono stati gli zii che sono arrivati dalla Germania. Nel Cara di Capo Rizzuto ci sono altre mamme e altri papà che hanno perso i figli. Non ci sono genitori vivi con figli o dispersi. Ci sono due padri che cercano i propri figli. Sono sedici i bambini morti finora nel naufragio, anche se altri risultano ancora dispersi.